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Incontri di antropologia Percorsi di ricerca e dialogo scientifico, Date: 2013/04/11 - 2013/04/11, Location: Sala Cinema, Universita Siena, Italy

Publication date: 2013-04-11

Author:

De Boeck, Filip

Keywords:

Funeral rituals, Kinshasa

Abstract:

“Il cimitero di Kintambo” è uno dei più vecchi e grandi cimiteri di Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo. Nel corso degli anni, la città ha progressivamente invaso il cimitero e le baraccopoli sono cresciute ai suoi fianchi. Tra queste, la popolata e poverissima area di Camp Luka, conosciuta anche come “The State”. Sebbene il cimitero sia ufficialmente chiuso dalle autorità cittadine, la gente di Camp Luka continua a seppellirvi i suoi morti. Qui i vivi abitano vicino ai defunti ed i rituali di sepoltura diventano momenti di contestazione dell’ordine sociale e politico.” Cemetery State (2010, 72′), film etnografico realizzato dall’antropologo Filip de Boeck, presenta così, in apertura, il proprio campo d’osservazione. Nel cimitero di Kintambo giovani e bambini hanno infatti preso in mano la gestione delle pratiche funerarie: controllando l’allocazione delle tombe, lavorando nello scavo delle sepolture, impadronendosi delle bare per contestare le famiglie dei loro coetanei che muoiono, essi sfidano l’ordine degli anziani e le gerarchie sociali, imponendo la propria presenza e le proprie istanze nello spazio pubblico. Intervenendo nei riti funerari in modo ludico ma violento, questi “figli del disordine” – così vengono chiamati – impongono la propria legge caotica al cimitero e all’intero quartiere. Essi impongono di guardare in faccia la condizione di decomposizione morale e sociale in cui vivono i cittadini dello stato postcoloniale, evidente soprattutto nei grandi quartieri-ghetto: una condizione in cui, come asseriscono essi stessi, vita e morte si intrecciano strettamente anche nelle pratiche più ordinarie e quotidiane. Creando nuove forme di lutto e di elaborazione della perdita, ha scritto Filip de Boeck[1], i giovani di Camp Luka cercano di riconfigurare la marginalità delle loro vite nello spazio eterotopico del cimitero, per esprimervi il desiderio di un altro futuro. Con la violenza dei loro gesti e con la loro presenza caotica nello spazio pubblico essi mettono in atto una critica radicale, che investe tanto la necropolitica dello Stato postcoloniale quanto l’ordine morale delle chiese pentecostali frequentate dai loro parenti; rifiutando di assoggettarsi al principio di anzianità dell’ancestralità, mettono a nudo la crisi di quei dispositivi di riproduzione sociale che avrebbero dovuto condurli ad essere, un giorno, “adulti” socialmente riconosciuti. Come molti loro coetanei dell’Europa in crisi, questi giovani sono consapevoli della violenza dell’esclusione che li segna; ma diversamente da loro, essi conducono la loro insurrezione al cuore dei dispositivi simbolici che governano i rapporti di senso tra vita e morte, senza rimuovere quest’ultima ma facendone invece un luogo di lotta. Essi ci offrono così una peculiare pratica del politico e della cittadinanza: una pratica performativa, incentrata sul senso sociale e minacciosamente esplicita nell’accusare gli “anziani” che hanno rinunciato a ricostruirlo. Grazie al lavoro che l’antropologo Filip de Boeck conduce da anni tra i giovani delle realtà urbane congolesi, l’indagine etnografica ci permette di accedere lì dove la critica filosofico-politica da sola non arriva: presso il vissuto di chi, lungi dall’accettare la precarietà e la nudità della propria vita, lotta convulsamente per ridarle una forma.